Cercasi disperatamente artiere ippico, uomo (o donna) di scuderia, persona adatta a occuparsi dei nostri cavalli. Non puntiamo a uno di quegli ammiratissimi groom che accompagnano i cavalieri internazionali. No, noi voliamo più basso, ma pur sempre sperando di trovare chi abbia un minimo di esperienza specifica. Ma come, non c’è tanta fame di lavoro nel nostro Paese? Forse, ma il groom rientra fra quelle professioni ormai considerate riduttive. Quando è un italiano a proporsi, di solito si tratta di un oteb o di qualche giovane con differenti ambizioni, il quale, nell’urgenza di guadagnare, si rassegna a pulire i box. Ritrovandoci dunque dinnanzi all’estinzione dell’esperto uomo di scuderia di una volta, che viveva il proprio come un orgoglioso mestiere, e dando per scontato che i groom europei di nuova generazione puntino a specializzarsi presso le grandi scuderie dei Paesi più evoluti dal punto di vista equestre (Francia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Olanda), restiamo a confrontarci con la terza o quarta generazione di stranieri all’opera nel settore. Il frequente denominatore comune è un’estrema difficoltà a stabilire rapporti duraturi e di fiducia, a causa di un sistema che troppo spesso non aiuta queste persone nel percorso di formazione.
Quanti circoli e scuderie ingaggiano personale a rotazione, senza preoccuparsi di insegnare davvero il lavoro, il rispetto per animali e esseri umani, senza chiarire le ragioni di osservare alcune accortezze? Spesso dunque il ragazzo che arriva da fuori viene utilizzato come un robot per spalare trucioli e fiande, addestrato alla sola idea di risparmiare materiali. Per mantenere il posto l’apprendista dovrà inevitabilmente sviluppare, più che conoscenza, astuzie. Non s’intende che tutti i groom in circolazione siano tipi improvvisati, ma chi può contare su un collaboratore valido se lo tiene stretto e c’è un irrequieto circolare di figure che passano da un posto all’altro.
Formare un giovane è, per un datore di lavoro, un significativo investimento, e non tutti poi rivelano le stesse attitudini e la medesima affidabilità. Il resto è una lotteria. Pronti a fare il nostro dovere (contratto, buon alloggio, giorno di riposo, stipendio pagato con puntualità) eccoci a ridimensionare le aspettative. Non solo sarà difficile poter lasciare i nostri cavalli senza esercitare un controllo costante, ma pure, dovremo mettere in conto il rischio di essere mollati da un momento all’altro senza preavviso.
Quanto guadagna, al mese, un uomo di scuderia che non vada in concorso? Si parte dai 600 euro dello sfruttamento più bieco fino ad arrivare ai 1200-1400 euro circa, più casa e utenze spesati, guadagnati da chi si dimostra in grado di gestire cavalli, scuderia e di solito anche il terreno circostante la proprietà: un tipo di compenso e di soddisfazione, quest’ultimo, che probabilmente potrebbe giustificare progetti mirati alla formazione di figure professionali di cui sembra esserci penuria.
Margherita d’Amico