Piccole ma significative accortezze nella gestione quotidiana dei cavalli possono fare la differenza.
È vero, l’ideale animalista vorrebbe gli equidi liberi e mai confinati, imbrigliati, soggiogati alla nostra volontà, obbligati a saltare, correre, danzare, scapicollarsi lungo campi e percorsi. Ma si dà il caso che la maggior parte dei cavalli oggi sia impiegata nello sport o nel lavoro, cosicché le condizioni di vita e la qualità del rapporto con l’uomo rivestono per loro un peso fondamentale. Piccole ma significative accortezze nella gestione quotidiana possono fare la differenza. Il cavallo si gioverebbe assai di non rimanere sellato, come troppo spesso accade, anche parecchie ore ad attendere il cavaliere in scuderia o sul van fra una gara e l’altra. Come pure è importante per la sua salute fisica e mentale uscire ogni giorno, e non solo per uno sforzo breve e intenso. Organizzare la possibilità di lasciare i cavalli liberi al paddock per trascorrere del tempo senza sollecitazioni, passeggiarli regolarmente a mano o in sella in ambienti naturali, recarsi in scuderia per due passi all’esterno anche di lunedì dopo il concorso, sono indispensabili e civili abitudini.
Affidarsi completamente alla gestione altrui, senza verificare la quotidianità del proprio cavallo – un essere vivente e non una barca o una moto, ricordiamolo – è assurdo. Solo pochi fortunati possono contare sull’assistenza di quei favolosi groom professionisti che accompagnano i migliori cavalieri in giro per il mondo, e spesso circoli e maneggi ricorrono a manodopera non specializzata, sfruttata e di conseguenza poco motivata. Gli istruttori possono essere senz’altro persone coscienziose, ma pure spregiudicati mercanti.
È dunque indispensabile che sia il proprietario a maturare in fretta quel tanto di conoscenza che gli permetta, per esempio, di comprendere l’importanza di fornire al cavallo un fieno di buona qualità da somministrare in pasti frequenti, senza cedere alla semplificazione del solo, più calorico mangime. E ancora, conta la cura delle bardature, perché infliggere al cavallo sottosella e finimenti incrostati di sudore, oppure selle bisognose di una nuova imbottitura, può arrecare brutte fiaccature. È il tempo, in fondo, il primo valore aggiunto nel legame con l’equino, persino quello in cui il posteriore umano, una volta scavalcato l’arcione, si posa sulla sua schiena: lentamente, per favore, e non piombando a peso morto come se ci si buttasse su una poltrona! È ovvio che un aiuto dovrebbe giungere dal mondo istituzionale, dalle strutture.
Margherita d’Amico