Il baricentro del cavallo
Secondo recenti studi molto accurati (F. Buchner, S. Obermuller e M. Scheide, Università Veterinaria di Vienna, 2000) la posizione del baricentro del cavallo si trova circa un palmo sotto il garrese, qualche centimetro verso la coda. Questa posizione conferma su basi scientifiche l’intuizione dei miei Maestri Pinerolesi, che lo collocavano proprio lì.
Ma il dato più interessante emerso da questi studi serissimi (svolti su dodici cavalli di diversa mole e qualità) è che la posizione individuata varia di pochi millimetri in ogni direzione anche nei cavalli in movimento.
È assolutamente evidente, quindi, che un cavallo a cui chiediamo un gesto sportivo importante (saltare, galoppare, scattare, girare stretto, ecc.) ha la possibilità di agire e di assecondarci velocemente e con precisione, a una condizione: che anche il nostro baricentro sia sempre nella stessa posizione. Sempre!
Ogni scostamento che noi diamo al nostro baricentro, al nostro equilibrio stabile, costituisce un problema vero per il cavallo. Questo è certo, anche se noi pesiamo 70 kg e il cavallo ha una massa di 600 kg.
Ecco perché i cavalieri/amazzoni vincenti devono avere un equilibrio stabile, privo di movimenti inutili che comunque sono un problema in più per il cavallo atleta, sottoposto a sforzi e a difficoltà varie. Occorre dimenticare e smentire quanto a volte si sente dire da parte di istruttori poco preparati, con frasi del tipo: ‘Stai dietro al cavallo!’ oppure ‘Alza le mani!’, ‘Mani alte!’. Oppure i consigli, ancora peggiori, che vengono dati in occasione di un salto in basso in cross, di buttare indietro le spalle. Questa è equitazione ottocentesca, priva di razionalità.
Tuttavia, una rigorosa stabilità, un assetto razionale, un’adesione continua alla massa del cavallo, già di per sé fondamentale, è la condizione indispensabile per avere ‘una buona mano’.
Una buona mano
Cosa significa questa frase, questo concetto? Molte cose, ne cito alcune.
Significa che, per avere equilibrio in sella, non dobbiamo aver bisogno delle redini.
Significa anche che, quindi, le redini servono a trasmettere alla mente del cavallo le nostre intenzioni: sono una connessione tra due menti. Significa, quindi, che le nostre mani, attraverso le redini, non esprimono forza (quindi fastidio o dolore) ma solo idee.
Significa anche che soltanto il cavallo ha il diritto di esprimere forze importanti, attraverso le redini.
Significa, quindi, che una ‘buona mano’ sa come ricevere, gestire e governare questa forza, questa energia, senza infastidire o addolorare la bocca.
Significa, inoltre, saper indicare la direzione dello sforzo atletico, insieme ai minimi movimenti dell’assetto, senza azioni dure e fastidiose.
Significa, come obiettivo per essere vincenti, di aggiungere alla grande forza del nostro cavallo la nostra piccola forza, basata sull’adesione stabile e continua a lui.
Significa essere in ‘presa diretta’.
Cavalli e cavalieri Maestri
Certamente alcuni obietteranno: ‘Ma questa è poesia, filosofia, non equitazione!’. E’ vero. Ma la vera equitazione, quella accettabile moralmente e più vincente (per fortuna!) è proprio quella che si basa su questa filosofia, quella che negli stessi anni in Italia Federigo Caprilli e in Francia il generale l’Hotte hanno intuito e teorizzato. A sostegno di questo modo di intendere l’equitazione posso citare molti fatti, vittorie, risultati sportivi di grandi Cavalieri e Maestri, confermato oggi da tecniche di allenamento al salto in alto umano.
Questi episodi riguardano molti grandi Cavalli Campioni che nelle mani di uomini insipienti e primitivi, non arrivavano mai a esprimere attitudini positive e sportivamente utili: si comportavano da servitori reietti e infingardi, opachi attori senza successo. Poi, arrivati nelle mani di uomini intelligenti e sensibili, sono diventati delle ‘stelle’ dell’equitazione. In epoche diverse: Trebecco con Tommaso Lequio, Nasello con Filipponi, Mirtillo con Graziano Mancinelli, Merano con Raimondo d’Inzeo, Flambeau con Frederic Cottier e altri, anche alcuni montati da me.
Vorrei, a sostegno di questa concezione dell’equitazione, far capire bene, anche agli scettici, che ogni cavallo normale e sano può fare gesti gesti atletici formidabili, se vuole, se si diverte a fare questo gioco con noi, se si ritiene preparato. Esempi lampanti sono stati tanti piccoli cavalli, persino dei pony, che sono stati formidabili vincitori, come il nostro Pagoro, l’inglese Stroller e il francese Jappeloup. Se si fida di noi, se ci percepisce come amici e compagni di sport, se facciamo squadra! Un cavallo ben addestrato e rispettato, come è giusto e razionale, da un cavaliere ben addestrato e competente.