Di Susanna Cottica
Uomo concreto, saggio e scrupoloso, cavaliere sensibile e di grande esperienza, sempre calmo, rispettoso e attento ai minimi dettagli, Jeroen Dubbeldam ha costruito la carriera dei suoi cavalli sempre progressivamente e nel rispetto dei loro tempi per la crescita psico-fisica fino a portarli a ottenere risultati straordinari e una carriera longeva.
A cinquant’anni appena compiuti, Dubbeldam è uno dei cavalieri che ha collezionato più medaglie nel salto ostacoli, tra l’altro è stato uno dei pochissimi binomi ad essere Campione del Mondo (2014 Caen) e Campione Europeo (2015 Aachen, oro a squadre e individuale) contemporaneamente, primato che ad oggi hanno ottenuto ben in pochi, citiamo tra tutti Peder Fredricson e H&M All e Henrik von Eckermann e King Edward, binomi detentori di due titoli contemporaneamente.
Alle medaglie si aggiungono una lunga serie di vittorie in Gran Premi e Coppe delle Nazioni più importanti al mondo.
L’intervista
La tua lunga carriera di atleta e di vincitore si fonda sull’horsemanship, sulla buona equitazione e sul welfare. La domanda è: Chi eravamo? Chi siamo oggi e dove stiamo andando? Quale pensi sia il modo migliore per garantire ai cavalli il benessere e per ottenere la fiducia del pubblico, la ‘social license’?
Oggi ci si pongono molte domande in Olanda sul benessere dei cavalli.
Forse 20-30 anni fa c’era solo gente di cavalli nel nostro sport. Con le vere persone di cavalli non ci si deve mai preoccupare del benessere dei cavalli, perché sanno bene cosa significa ‘horsemanship’. Ma oggi il nostro sport è più globalizzato, comprende molti più Paesi, ma anche molte persone che non hanno un background equestre, non provengono da famiglie di tradizioni equestri. È perciò molto importante educarli nel modo giusto. I cavalli non sono motociclette, sono esseri senzienti e devono essere trattati con rispetto, ed è nostro compito, in quanto esperti del settore, guidare chi si avvicina al mondo dell’equitazione nella giusta direzione.
Dobbiamo essere il buon esempio per i Paesi che si avvicinano per la prima volta agli sport equestri. È un compito importante per noi essere un buon modello e guidare i Paesi che si affacciano agli sport equestri insegnando loro a gestire i cavalli nel modo giusto. Dobbiamo essere vigili e attenti ed essere in grado di relazionarci sul benessere dei cavalli. Le persone contrarie al nostro sport sosterranno sempre che il cavallo non può scegliere e subisce le nostre scelte, il che è vero, noi facciamo delle scelte per loro, ma a loro piace, non possono parlare ma noi possiamo parlare con loro. Possiamo comunicare con loro, sappiamo e sentiamo se il loro lavoro gli piace o no, è molto difficile spiegare come, ma possiamo capirli.
Ho fatto un’intervista televisiva in Olanda, c’era un ragazzo che era molto scettico su questo argomento, ma sono riuscito a convincerlo. L’ho invitato a venire a visitare le mie scuderie. Gli ho proposto di stare con me per una settimana e di partecipare a tutte le attività, potrà seguire tutto quello che facciamo, dalla A alla Z, dalle 7 del mattino fino alla sera. In televisione si vedono solo due o tre momenti di una gara, e può sembrare un’equitazione un po’ rude. Capisco che possa sembrare così, ma a casa facciamo molto per i cavalli. So che può sembrare che in campo gara ci sia quasi ‘aggressività’, ma ai cavalli piace l’adrenalina, a volte dobbiamo calmarli. Questo può essere difficile da spiegare a chi non è un appassionato di cavalli. Invito chiunque a stare in scuderia da me per una settimana, per vedere tutto; non ci sono segreti, non c’è nulla da nascondere.
Dopo una settimana mi potranno dire cosa pensano del nostro mondo e sono convinto che cambieranno idea.
Il problema è che oggi nel nostro sport ci sono molte persone che non hanno un background equestre; questo non è un problema se tutti abbiamo la volontà di guidarli e aiutarli a fare la cosa giusta, a gestire bene i cavalli. È nostro compito spiegarglielo.
È quindi necessario ora più che mai insegnare alle persone e fare una buona comunicazione?
Alcune settimane fa, durante un concorso importante ad Amsterdam, ho avvicinato un cavaliere mio allievo perchè ritenevo che non si stesse comportando bene con il suo cavallo. Non aveva fatto un buon giro e quando è uscito dal campo gara stava litigando con il suo cavallo. In quel momento ho pensato: ‘Devo andare a parlargli o no?’, ho deciso di farlo, mi sono avvicinato e gli ho detto: ‘Non va bene, capisco che tu sia deluso e frustrato, ma ricorda che dobbiamo essere un esempio e quello che stai facendo non fa bene al tuo cavallo e non fa bene allo sport’. Credo che tra noi cavalieri non dobbiamo avere paura di correggerci a vicenda. Non so se al mio allievo sia piaciuto che io abbia espresso la mia opinione, ma sentivo di doverlo fare. Anche se è uno dei uno dei primi dieci al mondo, ho fatto ciò che ritenevo giusto. Spero che, ripensandoci dopo, si sia trovato d’accordo con me.
Ci sono molte discussioni sulla formazione a tre o quattro binomi delle squadre alle Olimpiadi. A Parigi 2024 il nostro sport sarà sotto gli occhi dell’opinione pubblica.
Cosa ne pensi?
Sono un po’ preoccupato per il futuro dei Giochi Olimpici. L’unica cosa che possiamo fare è essere buoni ambasciatori del nostro sport e mostrare tutto ciò che c’è di bello in esso. Non possiamo farlo a tavolino, possiamo solo mostrarlo. Le persone che non amano il nostro sport devono rendersi conto che noi tutti siamo ben consapevoli e non facciamo finta di niente di fronte a ciò che non va; non dobbiamo negare che ci sono cose nel nostro sport che non vanno bene e che dobbiamo cambiare. Se riusciamo a trasmettere questo messaggio otterremo sicuramente più simpatia. La passione e l’amore per i cavalli sono il punto di partenza, se non è questo il punto di partenza è già sbagliato per principio.
E per quanto riguarda te…?
Sto invecchiando un po’, ma cerco ancora di essere competitivo al massimo livello. Ora ho un cavallo giovane, Investment, che è davvero bravo, recentemente è arrivato secondo nella 150 CSI 3* a Gorla Minore.
Sono molto contento di questo nuovo cavallo, mi motiva, forse sarà lui a farmi tornare davvero nello sport.